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LIBERTI
Schiavi a cui viene concessa la libertà dietro pagamento di un riscatto o per volontà del proprietario, da cui prendono il nome. I liberti, che dopo la manomissione (liberazione) divenivano cittadini di pieno diritto, potevano gestire attività commerciali e giungere a posizioni di prestigio e di responsabilità. I liberti rimanevano esclusi dalle principali magistrature, ma queste si aprivano, almeno teoricamente, ai loro figli. I liberti restavano legati al padrone che li aveva liberati con vincoli di vario tipo, alcuni formali (erano tenuti a rispettarlo e a riverirlo) altri più sostanziali (dovevano eseguire per lui alcuni lavori gratuitamente e lasciare a lui o ai suoi eredi una parte delle proprie sostanze per testamento). Molto spesso i liberti erano schiavi catturati o comperati in paesi stranieri e in seguito liberati. Nelle iscrizioni per indicare la condizione di liberti veniva inserita la lettera L, che stava per libertus/liberta. Nel caso in cui il personaggio fosse liberto di una donna veniva inserita nell'onomastica, in luogo del patronimico, la sigla L che stava per mulieris libertus\a, ossia liberto\a di una donna. L'onomastica dei liberti in origine era costituita soltanto dal gentilizio del patrono e dal praenomen. A partire dal I secolo a.C. anche i liberti ebbero i tria nomina, ossia il praenomen e il nomen del patrono e il cognomen, corrispondente al loro nome proprio da schiavi. In molti casi il liberto non indicava la sua condizione sull'epigrafe, che tuttavia traspare da alcuni elementi indiretti, quali, ad esempio, l'origine non romana del cognomen e la mancanza dell'indicazione della tribù.