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BOTTEGHE DI OREFICI

Alla fine del Quattrocento esistevano lungo i muri della torre Ghirlandina e della Cattedrale numerose botteghe di proprietà della Fabbriceria del Santo, in gran parte occupate da orefici che lavoravano per il Capitolo del Duomo. Alcune di esse erano state collocate fra le colonne che sostenevano antichi monumenti. È questa la sorte dei sarcofagi di Bruttia Aureliana e Appeiena Philumene la cui trasformazione in botteghe è documentata per la prima volta da Tommasino de' Bianchi nel 1536. Verso la fine del XVI secolo Giovanni Briani riferisce che la bottega ricavata sotto al sarcofago di Bruttia era di proprietà dell'orefice Francesco Bergamasco. La bottega collocata al di sotto del sarcofago di Appeiena è ricordata nuovamente nel XVII secolo da Lodovico Vedriani che la descrive come "bel monumento sostenuto da colonne di marmo molto ben lavorate sotto del quale evvi una bottega d'orefici". 
I restauri eseguiti recentemente sui due sarcofagi hanno fornito conferma di tale trasformazione: rimuovendo i mattoni che chiudevano l'apertura quadrangolare posta nel retro delle casse, sono riapparsi i fori operati per l'inserimento di sportelli in ferro, la cui presenza è indiziata anche da macchie di ossidi ferrosi nel marmo. Attraverso tali aperture gli orefici mettevano al sicuro le loro mercanzie all'interno del sarcofago. Solo nella prima metà del Settecento si mise freno al proliferare di capanne e bottegucce attorno al Duomo, iniziando anzi ad abbatterne numerose, soprattutto a seguito dei lavori eseguiti nella cripta di S. Geminiano nel 1731.